"Le incertezze della modernità"

18 febbraio 2008

Prof.ssa Lidia Caggioni (relatrice) e Giampaolo Pezzoli (Presidente del R.C. Mantova)

Le incertezze della modernità 

 di Lidia Cagioni

 

La conversazione mette a tema alcuni aspetti del mondo attuale, quali la provvisorietà  dei valori, l’ambiguità delle scelte, il senso di insicurezza nella vita sociale e vuole offrire un contributo, parziale e provvisorio, alla riflessione sulle difficoltà e sulle opportunità alle quali la modernità ci ha consegnato.

Com’è il mondo attuale? Come si offre la realtà all’esperienza quotidiana? Come interpretarla? Com’è la concezione del mondo e la percezione della realtà dei giovani?

La conversazione di stasera tenta di descrivere il clima culturale del nostro tempo, senza la pretesa di esaurire la questione, né di offrire grandi verità.

Del resto dobbiamo sempre tenere presente la lezione di Hegel sulla difficoltà di comprende l’epoca alla quale si appartiene. Hegel: del resto a dire com’è la realtà la filosofia arriva troppo tardi… è come la nottola di Minerva che si alza in volo sul far del crepuscolo, come dire che il pensiero riflessivo, la civetta di Minerva, dea della sapienza, si leva in volo a comprendere il mondo solo alla fine della giornata, quando la realtà si è già compiuta. Tuttavia sono oramai molte le voci che concordano su alcuni caratteri del nostro tempo.

 

1)L’immagine che Bauman suggerisce contrappone al mondo solido del passato il mondo liquido del presente e suggerisce una intuitiva chiave di lettura della modernità. Nel mondo solido il tempo era pensato come un ciclo in cui tutto ciò che accade si ripete con lo stesso ordine scandito dalla successione delle stagioni (società agricole); qui l’esperienza era cruciale perchè nel tempo ciclico non c’è futuro che non sia  ripetizione del passato che il presente ribadisce. I vecchi erano i sapienti per il gran numero di eventi vissuti e di conoscenze accumulate che potevano trasmettere ai giovani garantendo la continuità e la sopravvivenza. (In Africa dovendo scegliere chi curare per i pochi farmaci disponibili si sacrificano i bambini che non sono di alcuna utilità).

 

2)La liquidità non è una metafora nuova, già Eraclito nell’aforisma dei fiumi Negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo, paragonava il divenire del mondo all’acqua che scorre incessantemente facendo dello stesso fiume in cui scendiamo la seconda volta un altro fiume, perchè l’acqua che vi scorre non è mai la stessa. Il pensiero greco, tuttavia, cercava il permanere della realtà al di là del cambiamento: il fiume è lo stesso anche se è cambiato, noi siamo sempre noi, anche se diversi.

 

3)La liquidità di Bauman, invece, vuole suggerire il ritmo sbalorditivo del cambiamento, uno sviluppo tecnologico che brucia le ns esperienze e rende obsolete le ns conoscenze, che fa  del vecchio non un depositario di sapere, come nella società solida, ma un individuo messo fuori del circuito delle competenze, che si autoescude da un mondo in cui non ha più accesso. (Weber nel 1910 scriveva Una volta il vecchio, carico d’esperienze, moriva sazio della vita; oggi, a causa del progresso, subisce una sorta di esclusione, per cui non muore sazio, ma stanco della vita).

 

4)Cosa ha determinato questa rivoluzione culturale? E’ giunto l’ospite inquietante: il nichilismo. Nietzsche definisce il Nichilismo come l’età in cui i valori supremi non hanno più valore” la fine del movimento morale e spirituale di 2000 anni. La terra della sera, il tramonto della certezze assolute…, la perdita dei punti di riferimento….., il nostro è un eterno precipitare, il deserto di senso.

 

5)Ma l’ospite inquietante, da tempo alla porta, ha varcato la soglia con una compagna, la tecnica. L’impassibile convitato di pietra che ha scatenato le forze globali che operano nello ”spazio extraterritoriale” sono irrangiungibili e intoccabili dagli strumenti ortodossi di azione finalizzata e di gestione razionale. La spettacolare velocità e quantità della comunicazione umana non è stata accompagnata dallo sviluppo dei mezzi per controllare il potere  su cui esercitare il controllo. Nell’attuale esperienza sembra che non ci sia la possibilità di ridurre i rischi. Ingigantisce il clima di incertezza in cui le persone agiscono, ci è impedito di pianificare le scelte a lungo termine e siamo privati dell’ autofiducia nelle nostre possibilità.

 

5)Nessuno è risparmiato, il vecchio è inutile, non sa stare al passo dei cambiamenti accellerati, ma anche il giovane deve costantemente riciclarsi, e il termine è significativo, è come un oggetto usato che deve trovare una nuova funzione se non vuole diventare un rifiuto, anzi così com’è è un rifiuto che deve darsi da fare per essere riutilizzato. Egli non può non provare la paura dell’inadeguatezza. E’ la legge inesorabile del progresso… Già e il progresso come è pensato? Oggi non siamo più sicuri che il futuro porterà un’inaudita felicità , non siamo più sicuri  che “futuro” sia sinonimo di “meglio”. Il progresso non è più subordinato a finalità esterne e maggiori, è un movimento senza una causa, che sfugge a qualsiasi controllo, che procede per conto proprio senza alcuna destinazione o finalità, come una bicicletta che non ha altra scelta che continuare a muoversi per non cadere, o una freccia scagliata nel futuro senza che si intraveda il bersaglio.

 

6)Nel mondo solido la tecnologia aveva lo scopo di soddisfare i nostri bisogni, il bisogno era la madre delle invenzioni, oggi la successione è stata invertita: le risposte tecnologiche precedono le domande. Le novità tecnologiche vanno alla disperata ricerca di possibili applicazioni. I produttori cercano i problemi che potrebbero essere risolti e i venditori devono ingraziarsi gli ipotetici utenti inconsapevoli di aver qualsiasi bisogno o desiderio di possederli o usarli.  La tecnologia si sviluppa perchè si sviluppa, non ha un traguardo, dunque la somma totale dei problemi ritenuti bisognosi di soluzione cresce anziché diminuire.

 

7)La ricerca della felicità è posta in un contesto del tutto nuovo. Un tempo vi era un confine definito tra i bisogni naturali e necessari e i bisogni secondari, superflui o falsi o riprovevoli (frutto di vanità o di patologica ricerca del lusso), secondo una precisa gerarchia, oggi tale confine è stato cancellato: tutti i bisogni attuali e futuri, bisogni che ora non posso neppure immaginare, sono autentici.

 

8)Avere ed essere? (Fromm 1976):questione obsoleta se seguire la filosofia di vita che pone l’accento sulle cose o sulle persone, sull’impegno, sull’assistere, incoraggiare e unirsi all’altro. Entrambe implicano dipendenza, una condizione da rifuggire a tutti i costi. Bisogna viaggiare leggeri, si va più velocemente e e più comodamente. L’impegno lega mani e piedi, lo stesso attaccamento alle cose, agli oggetti implica un legame con le cose che devono essere tenute a lungo, mentre il consumismo avviene nell’istante, acquisti per usare, possiedi per usare e poi te ne sbarazzi; lo stesso concetto di utilizzabilità deve essere riveduto, poiché l’oggetto può anche trovarsi in perfette condizioni d’uso ma quando ha perso il valore aggiunto della novità, non serve più, non è più eccitante, va a finire nella massa dei rifiuti. Né avere, né essere, bensì usare. Uso istantaneo, sul posto, uso che non sopravvive al piacere che arreca, che viene dismesso non appena il piacere svanisce.

 

10)La vita del consumatore è una sequela infinita di inizi, la gioia dello shopping è maggiore del comprare e del portare a casa una merce. E’ l’atto in sé del fare shopping che dà piacere: nel centro commerciale si prova un metapiacere: il piacere di trovarsi in un luogo rutilante di luci, colori, forme, che promette di dare piacere. Nel mondo rutilante che promette oppurtunità infinite, purchè si digerisca in fretta per essere pronti ad una nuova esperienza, aiuta a levarsi dalla testa la preoccupazione della felicità, aiuta anche a dimenticare che questa preoccupazione un tempo esisteva, nel mondo liquido moderno, questa amnesia è il senso della felicità.

 

11) Le relazioni umane (solitudine e incertezza)   

Uomini e donne disperati x’ abbandonati a se stessi, che si sentono oggetti a perdere, che anelano alla sicurezza dell’aggregazione, ansiosi di instaurare relazioni e nel contempo timorosi di restare impigliati in relazioni stabili o peggio definitive

Si prenda l’innamorarsi e il disamorarsi: l’amore “finchè morte non ci separi” è caduto in disuso, si è abbassato lo standard dell’amore, l’orizzonte delle esperienze cui si attribuisce la parola amore si è espanso a dismisura. Persino le avventure di una notte sono “fare l’amore”. L’abbondanza e la palese disponibilitàdi esperienze amorose alimenta la convinzione che l’amore sia un’arte che si può imparare e la cui padronanza aumenti con l’assiduità dell’esercizio, in realtà come per il don Giovanni è una pia illusione. La sequela di episodi distinti, brevi e appassionati, al contrario, per la fragilità e la brevità a priori delle esperienze, porta a dis-imparare ad amare, ad una addestrata incapacità di amare, si scambia l’amore con la passione del momento.

 

12)  In una cultura consumistica come la nostra che predilige prodotti pronti all’uso, soluzioni rapide, soddisfazione immediata, garanzie “soddisfatti o rimborsati”, quella di imparare l’arte d’ amare  è la falsa promessa di rendere l’esperienza d’amore simile ad altre merci, che attira e seduce e che si può avere senza sforzi. Già parlare di desiderio, oggi, è eccessivo: il desiderio richiede il seminare, il coltivare, il nutrire. L’oggetto ottenuto anche se ha mantenuto le promesse ed è ancora funzionante lo si butta per un altro più nuovo e aggiornato.

Le relazioni sono l’incarnazione dell’ambivalenza: come costringere la relazione a dare senza prendere o offrire senza chiedere e appagare senza opprimere?

 

13) Connettersi e disconnettersi sono entrambe scelte legittime che hanno lo stesso valore: sono relazioni virtuali che promettono un maggiore appagamento delle relazioni vere, sono facili da instaurare e altrettanto facili da troncare. Appaiono allegre, frizzanti e leggere rispetto all’inerzia e alla pesantezza di quelle vere.

Nella liquidità non si nuota, si naviga, il navigare è più veloce del nuotare, non richiede di immergersi, si resta in superficie, è un leggero sfiorare e basta un asciugamano per asciugarsi delle poche gocce. La modernità depreca ogni forma di profondità che, anzi, è percepita come minacciosa e ingannevole, se non soffocante. La superficie è l’unico spazio che permette una relativa sicurezza, lo sfioramento è l’unico rapporto possibile.

 

14)Ci si connette e poi ci si disconnette, si interrompe. Il legame appena instaurato è già subito smantellato. I telefoni cellulari sono l’icona del nostro tempo: consentono a chi parla di uscire dal luogo in cui si trova, di essere altrove, rende il proprio distacco palese e pubblicamente noto, si è disponibili per un’altra telefonata, un altro contatto. Il contatto faccia a faccia è secondario rispetto  a quegli altri mediati elettronicamente. Il cellulare è un mezzo per tenersi a distanza da un ambiente troppo vicino per risultare confortevole. Un interlocutore a distanza tiene alla larga i potenziali impiccioni. Sei perennemente connesso, benchè in movimento e sebbene gli invisibili mittenti e destinatari delle telefonate e dei messaggi siano anch’essi in movimento. Col cellulare al tuo fianco non sei mai fuori o via, sei dentro, avvolto in una fitta rete di messaggi, non importa dove ti trovi, sei invulnerabile. Sei l’unico punto stabile nell’universo degli oggetti in movimento.

 I numeri che puoi chiamare sono infiniti, anche se le connessioni sono fragili e possono spezzarsi, si possono subito sostituire, la loro sovrabbondanza le rende indistruttibili, non ci sono limiti di quantità (la quantità ha sostituito la qualità).  Le chiaccherate telefoniche..in treno.. non sono l’anticipazione di una più lunga e sostanziale conversazione non appena ci si incontra, ma sono il surrogato dell’evento reale.

 

15) La curiosità  

Nell’ottobre 1983 una certa Viviane, una comune donna francese, apparve in tv per dire che suo marito, Michel, soffriva di eiaculazione precoce e che per tale motivo Viviane non aveva mai provato piacere. Con il connubio tra la tv e l’intimità della camera da letto avvenne una rivoluzione culturale. Dopo lo shock iniziale i talk show furono inondati da confessioni pubbliche di fatti privati, intimi. Era stato forzato il varco tra pubblico e privato. Sentimenti, sogni, ossessioni private sono esibiti con un linguaggio soggettivo in cui la vita è presentata come un aggregato di problemi vissuti individualmente e che vanno risolti a livello individuale. La storia si riduce al presente e tutto gira intorno all’asse del proprio io personale.. Il fuori è stato trasformato in dentro e privatizzato… Per sopravvivere, occorre sviluppare una visione del mondo centrata sull’ego che ribalti il rapporto tra il proprio ego e il mondo.. (Ulrich Beck).

 

16) L’equivoco: per ogni allarmante problema sociale , il KIT; per costruire una barca in giardino, (la moglie vi tradisce?) l’antitradimento, guanti sterili e forbicine per analizzare liquidi sospetti, attacco terroristico? Oggetti indispensabili con crema solare e carta igienica, test di gravidanza, montaggio del fai-da-te, pane fresco. Comunica, in realtà, un valore fasullo di libertà perchè trasforma il consumatore in servitore di se stesso e dell’azienda che gli vende il prodotto. L’ultimo cliente diventa l’ultimo operaio della produzione industriale. Test kit per risolvere in modo autonomo le difficoltà di un rapporto d’amore o il kit antidroga per accertarsi che il proprio figlio non faccia uso di droghe; l’investigare  non assicura un dialogo costruttivo col figlio, né assicura che egli smetterà di consumare cannabis. In alcune città come Roma è stato distribuito il kit delle 48 ore ai detenuti rilasciati con l’indulto (zainetto con mappe, maglietta, biglietto dell’autobus, scheda telefonica..)o a Imola il kit della festa del vicino di casa per risolvere il problema della solitudine…..