Prof.  Guido Fumagalli,

Preside della Facoltà di Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Verona

Farmaci e Sport: tra il lecito e il doping

 

 

 

 

 

IL DOPING, UN FENOMENO NEGATIVO PER LO SPORT, LA SOCIETÀ E LA SALUTE. STRUMENTI PER L'APPROFONDIMENTO

 

 

Cenni storici

La parola doping deriva probabilmente da una antica espressione olandese (dop) che si riferiva ad una bevanda analcolica stimolante usata dai guerrieri Zulu durante le danze tribali; il termine si è diffuso inizialmente in Inghilterra per indicare l'abitudine di drogare i cavalli.

 

Il doping non è un fenomeno recente. Fin dall'antichità si è fatto ricorso a sostanze e pratiche per cercare di migliorare una prestazione sportiva. Già nelle Olimpiadi del 668 a.C. viene riportato l'uso di sostanze eccitanti (quali funghi allucinogeni). Galeno (130-200 d.C.) descrive nei suoi scritti le sostanze che gli atleti romani assumevano per migliorare la loro prestazione. Verso la fine del 1800 ciclisti europei assumevano eroina, cocaina e altre sostanze eccitanti. Nel 1865 viene riportato per la prima volta in una rivista scientifica, il British Medicai Journal, un caso di doping (un nuotatore espulso da una gara ad Amsterdam). Nel 1886 la prima morte conosciuta per doping: il ciclista Linton a seguito di assunzione di trimetil.

 

Il vincitore della maratona nelle Olimpiadi del 1904, Thomas Hicks, aveva assunto stricnina e brandy durante la gara, così come il vincitore dei 100 metri di atletica nelle Olimpiadi del 1920 aveva bevuto sherry con uova crude. Negli anni '30 si diffonde l'uso delle amfetamine, mentre il primo anabolizzante compare verso la fine degli anni '40 diventando rapidamente molto popolare tra gli "sportivi". Come risposta all'uso di ormoni maschili da parte dei sovietici, negli anni '50, gli americani sviluppano diversi steroidi (ad esempio il Dianabol). Il doping raggiunge un'estensione allarmante, cominciando a preoccupare le autorità sportive, sanitarie e la stessa opinione pubblica, a partire dagli anni '60 fino ai nostri giorni. Nelle Olimpiadi del 1960 un ciclista danese, Kurt Jensen, muore per avere usato amfetamine.

Doping e antidoping

Sempre per l'uso di amfetamine nel 1967 al Tour de France muore il ciclista inglese Tommy Simpson (sotto l'occhio della televisione). I primi test antidoping, anche se in maniera limitata, vengono effettuati durante le Olimpiadi del 1968 a Città del Messico. Maggiore diffusione e attenzione nell'esecuzione dei test si ha a partire dalle Olimpiadi di Monaco (1972). Nel 1983 in Venezuela l'esecuzione di un test non annunciato durante i Pam Am Games porta all'individuazione di 19 atleti positivi e all'abbandono delle gare da parte di molti atleti per evitare il test. Nel 1984 un terzo degli atleti statunitensi che partecipavano alle Olimpiadi di Los Angeles era ricorso al doping ematico (autotrasfusioni).

Nel 1988 esplode il famoso caso del canadese Ben Johnson, trovato positivo agli steroidi durante le Olimpiadi di Seul. Agli inizi degli anni '90 le autorità della Germania unificata scoprono, negli archivi della polizia segreta della ex Ddr, i file con i nomi degli oltre 10.000 atleti della Germania dell'Est che avevano ricevuto sostanze dopanti come parte di un piano governativo. Dalla fine degli anni '80 agli inizi degli anni '90 aumentano le morti sospette nel ciclismo fino allo scandalo doping nel Tour de France del 1998; lo stesso anno della morte sospetta di una grandissima atleta come Florence Griffith Joyner per crisi cardiaca all'età di soli 38 anni. Diverse indagini evidenziano un aumento di mortalità in alcune categorie di sportivi, ad esempio tra i praticanti di wrestling negli USA si sono avute 65 morti dal '97 ad oggi, con una mortalità 7 volte superiore a quella della popolazione generale statunitense e 12 volte superiore per la classe d'età 25-40 anni.

 

 

Nel 1999 viene fondata la World Antidoping Agency (WADA) che nel 2003, con la dichiarazione di Copenaghen, viene accettata da 73 governi e dalle maggiori federazioni sportive (anche se non tutte). Alle Olimpiadi di Sydney (2000) 27 atlete cinesi vengono allontanate dalla squadra per doping e le squadre bulgare e romene di sollevamento pesi vengono espulse. Sempre a Sydney la ginnasta rumena Andrea Raducan, di soli 17 anni, viene trovata positiva per l'assunzione di efedrina. Infine nelle Olimpiadi di Atene del 2004 vengono trovati positivi per uso di sostanze dopanti ben 24 atleti.

Non si può non rilevare che la crescita del fenomeno doping è avvenuto contemporaneamente al cosiddetto "boom farmacologico" degli anni del benessere economico. Con una società che è diventata sempre più "farmacocentrica" e dove si è andata affermando l'idea che i farmaci potevano rappresentare la soluzione per qualsiasi problema (dalla perdita della memoria allo scarso rendimento atletico), come stupirsi di questo se si considerano gli enormi interessi economici in gioco e la conseguente pressione promozionale dell'industria farmaceutica.

Sebbene oggi vi sia una sovraesposizione del problema doping presso i mass-media e nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) abbia da tempo istituito commissioni ad hoc per studiare il fenomeno, redatto liste di farmaci e pratiche il cui uso è vietato agli atleti che partecipano a competizioni sportive sotto la sua egida, e che i controlli antidoping siano sempre più diffusi e sofisticati, ciò non di meno si osserva che un certo numero di atleti continua ad utilizzare farmaci in modo improprio per ottenere un beneficio sportivo illecito. Non si rendono conto o meglio fingono di non vedere il reale problema, cioè che la maggioranza delle sostanze e pratiche utilizzate come doping presenta così tanti e gravi effetti avversi che sovrastano i vantaggi illeciti offerti allo sportivo. Le tecniche attuali di allenamento, estremamente sofisticate, sono certamente sufficienti a permettere ad un atleta di esprimere al massimo le proprie capacità psicofisiche senza dover ricorrere al doping. Va infine sottolineato che il doping nello sport professionistico può indurre all'emulazione da parte degli atleti non professionisti, amatoriali e nei giovani, che aumentano il rischio per la loro salute con il doping "fai da te".

 

 

 

Epidemiologia del doping

Purtroppo non sono disponibili molti dati e studi che consentano di quantifi­care in maniera esatta il fenomeno doping. Trattandosi di una pratica illecita viene, ovviamente, negata e sottaciuta. I risultati pubblicati dal Cio ogni anno sui test effettuati come controllo antidoping mostrano un grado di positività tra gli atleti testati variante tra l'1,5 e il 2,5%.

Ancora più bassi i dati forniti dal coni, generalmente con una percentuale di campioni positivi inferiore al 1% . In ogni caso, anche se percentualmente i valori sono bassi, questi dati indicherebbero che alcune decine di migliaia di atleti ade­renti al coni utilizzano ogni anno sostanze dopanti. Ma il fenomeno è sicuramente sottovalutato. Un indagine condotta in Italia alla fine degli anni '80, con interviste ad atleti e tecnici sportivi, mostra che le percentuali di utilizzatori di sostanze dopanti arrivavano fino al 27 % .

Anche altre indagini, condotte tramite questionari in vari Paesi del mondo e in diversi contesti (ambito sportivo, popolazione generale) riportano percentuali di positività d'uso decisamente superiori a quelle ricavabili dai controlli antidoping. In alcuni contesti, inoltre, la percentuale di utilizzatori è particolarmente elevata, ad esempio in uno studio condotto in Belgio su praticanti di body building, con test antidoping senza preavviso, vennero trovati positivi a diverse sostanze dopanti (in particolare steroidi anabolizzanti) il 42% dei soggetti esaminati.

Un'altra indagine condotta in Gran Bretagna su 21 palestre, tramite questionario, ha evidenziato che tra i 1.667 soggetti che hanno accettato di farsi intervista­re (59% del totale del campione) il 9,1% dei maschi e il 2,3% delle donne aveva utilizzato anabolizzanti (il 6% dei maschi e l'1,4% delle donne li utilizzava ancora al momento dell'intervista). Vi erano importanti differenze nell'uso a seconda della palestra frequentata (da 0 al 46% di utilizzatori), dato che evidenzia l'influenza dell'ambiente in chi pratica sport. La durata di utilizzo regolare di anabolizzanti era di circa due anni. Le dosi eccedevano generalmente quelle terapeutiche. Il 56% degli utilizzatori maschi riferiva di avere avuto atrofia testicolare, il 52% ginecomastia, il 36% aumento della pressione arteriosa, il 56% ritenzione idrica, il 26% disturbi tendinei e il 37% disturbi del sonno. Le donne riportavano nel 61 % dei casi irregolarità mestruali, nel 61% ritenzione idrica, nel 31% allargamento del clitoride e sempre nel 31% disturbi del sonno. Solo il 14% del campione non riportava di avere avuto disturbi.

Anche una recente indagine condotta in Svezia, attraverso l'interessante istituzione di una linea-calda telefonica antidoping, ha evidenziato il notevole numero di reazioni avverse legate all'uso di steroidi anabolizzanti. In 5 anni (1996-2000) 4.339 utilizzatori di sostanze dopanti hanno riportato di avere avuto eventi negativi. Le principali reazioni riportate furono aggressività (835), depressione (829), acne (770), ginecomastia (637), ansia (637), problemi sessuali (413), atrofia testicolare (404), disturbi del sonno (328), ritenzione idrica (318), disturbi del comportamento (302) nonché, nelle donne, alterazioni mestruali, crescita di peli in faccia, abbassamento della voce e allargamento del clitoride.

Va anche ricordato che le sostanze dopanti vengono generalmente assunte a dosaggi molto elevati. Ad esempio, uno studio effettuato tra gli utilizzatori di ana­bolizzanti ha messo in evidenza il ricorso a mega-dosi (da 250 a 3200 mg/settimana) ciclicamente per periodi variabili da 4 a 12 settimane. L'86% degli utilizzatori, inoltre, utilizzava anche altri farmaci in particolare per trattare gli effetti avversi degli anabolizzanti o i sintomi di astinenza.

Alcuni studi hanno recentemente messo in luce la diffusione dell'eritropoietina (EPO) in alcuni sport, ad esempio sono stati analizzati i valori di emoglobina di sciatori di fondo, finlandesi e svedesi, dal 1987 al 1999. Mentre nei campionati del Mondo di sci nordico del 1989 i valori di Hb degli atleti erano più bassi di quelli della popolazione di riferimento, a partire dal 1994 fu osservato un incremento nei valori degli atleti (in particolare dei valori massimi) ulteriormente aumentati nel 1996. Gli autori ipotizzano un ruolo dell'EPO per spiegare i dati ottenuti.

In un altro studio è stato confrontato il profilo ematologico degli sciatori di fondo partecipanti (68% di tutti i partecipanti e 92% di quelli finiti nei primi 10 posti) ai Campionati del Mondo di Sci. Come valori di riferimento sono stati utilizzati quelli dei Campionati del Mondo di Sci Nordico del 1989. Tra gli sciatori arrivati nei primi 50 posti delle competizioni il 17% aveva profili ematologici alta­mente anormali, il 19% valori anormali e il 64% valori normali. Il 50% dei vincitori di medaglie e il 33 % di quelli arrivati tra il quarto e decimo posto avevano profili ematologici altamente anormali. In contrasto solo il 3 % degli sciatori arrivati negli ultimi 10 posti (dal 41 al 50) aveva valori altamente anormali.

Ma l'aspetto che maggiormente ci deve preoccupare e che deve vedere un nostro crescente impegno, con interventi informativi/formativi oltre che di indagine, è quello della diffusione del doping a livello giovanile. Una meta-analisi su 31 studi epidemiologici ha evidenziato una prevalenza del 3-5% di ricorso agli ana­bolizzanti nei bambini a partire dall'età di 8 anni. Lo studio ha anche dimostrato un maggior ricorso alle sostanze dopanti in chi pratica sport a livello amatoriale rispetto agli atleti professionisti.

Studi condotti negli USA tra gli adolescenti hanno dimostrato che almeno 375.000 ragazzi e 175.000 ragazze hanno utilizzato almeno una volta anabolizzanti. Esperti americani in tema di doping stimano che il 3-12% di maschi e l'1-2% di femmine adolescenti utilizzano anabolizzanti. Dati altrettanto allarmanti si riscontrano in Canada, dove il Center far Drugs free Sport ha stimato che, nel 1993, circa 83.000 ragazzi tra gli 11 e i 18 anni hanno utilizzato anabolizzanti.

In Svezia un recente studio ha evidenziato una prevalenza d'uso di anabolizzanti del 3,6% nei maschi di 16 anni e del 2,8% nei maschi di 17 anni (lo studio non ha stabilito l'utilizzo tra le adolescenti di sesso femminile). I ragazzi utilizzatori di anabolizzanti utilizzavano alcool e oppioidi più frequentemente dei non utiliz­zatori della medesima età.

In uno studio condotto in Francia, intervistando 1.459 studenti praticanti sport, la percentuale di adolescenti che facevano uso di sostanze dopanti era pari al 4%. Negli USA in uno studio su studenti praticanti calcio si è riscontrata una percentuale di utilizzatori di anabolizzanti pari al 6,3 %; in Canada la percentuale di utilizzatori di anabolizzanti tra tutti gli studenti (n.= 16.119) è stata stimata essere del 2,8%.

 

 

 

 

 

 

 

Conoscenze, abitudini e opinioni sul doping:

indagine conoscitiva tra gli studenti di Verona

Recentemente abbiamo condotto una indagine conoscitiva, in collaborazione con il coni, con il Centro Servizi Amministrativi e con la Federazione dei Medici Sportivi di Verona, tra gli studenti delle classi III e IV di 8 scuole medie superiori della provincia di Verona con l'obiettivo di valutare il grado di conoscenza, le opinioni e i comportamenti degli adolescenti nei confronti del doping e dell'uso dei farmaci.

Per l'indagine ci siamo avvalsi di un questionario progettato ad hoc, costituito da una prima parte per la raccolta di dati demografici (età, sesso, livello d'istruzione del padre e della madre) e di informazioni riguardo all'attività sportiva svolta (quale sport pratichi più frequentemente, da quanto tempo pratichi sport ecc.) e da una seconda parte contenente domande, con risposta a scelta multipla, riguardanti: le fonti e le conoscenze sul doping; la conoscenza delle sostanze dopanti, dei loro effetti e delle reazioni avverse; i comportamenti, le abitudini e le opinioni nei confronti dell'utilizzo di sostanze dopanti e farmaci; la conoscenza delle leggi che regolano e puniscono l'assunzione di sostanze illecite; la conoscenza dei principali farmaci più comunemente utilizzati nell'ambito della traumatologia sportiva; i comportamenti e le abitudini nei confronti delle pratiche curative utilizzate in ambito sportivo e dei farmaci che sono assunti a scopo terapeutico; la conoscenza sul rischio dei farmaci.

La distribuzione e la raccolta dei questionari  è stata effettuata dagli insegnanti di Educazione Fisica che hanno collaborato all'attuazione dello studio, la compilazione (in forma anonima) dei questionari da parte degli studenti è avvenuta durante le ore di lezione alla presenza degli stessi insegnanti ma senza il loro intervento.

Risultati dello studio veronese

Complessivamente sono stati distribuiti 1003 questionari, di questi ne sono stati esclusi 34 (3,4%) in quanto lasciati in bianco o non compilati in maniera accettabile. Pertanto, l'analisi è stata fatta su 969 (96,6%) questionari compilati da studenti frequentanti per il 57,7% la classe terza e per il 42,3 % la classe quarta. Il campione analizzato è composto da individui aventi per il 40,9% 16 anni e per il 40% 17 anni; l'età media del campione è risultata di 16,8 anni; non si sono evidenziate differenze significative di età tra i due sessi. La distribuzione del campione in base al sesso mostra una leggera prevalenza di femmine (50,3%), percentuale di poco superiore (+1,8%) a quella della popolazione del veneto per la fascia di età 16-17 anni (censimento 2001). Gli studenti che praticano sport sono 747, il 77% del campione, con una percentuale superiore tra i maschi rispetto alle femmine. Il 71,9% degli studenti praticanti uno sport ha iniziato la sua attività sportiva da più di 5 anni; mediamente l'ha iniziata all'età di 10-11 anni.

 

Attività sportiva praticata dagli studenti intervistati

Più dell'80% dei praticanti svolge l'attività sportiva all'interno di una società o frequentando una palestra; quest'ultima è maggiormente frequentata dalle femmine. Gli sport più diffusi sono il calcio, il fitness, il nuoto e lo sci: Si riscontrano, come prevedibile, delle differenze tra i maschi e le femmine: mentre per i primi le attività motorie maggiormente praticate sono il calcio e il basket, per le secondo sono il fitness, la pallavolo e la danza.

 

Fonti d'informazione sul doping

Per quanto riguarda le fonti di informazione utilizzate, esse sono mediamente due. I mezzi di informazione rappresentano la fonte più frequente, di fatto utilizzata da tutti (92%del campione). La stragrande maggioranza degli studenti ritiene insufficienti (35%) o parzialmente insufficienti (49%) le informazioni in proprio possesso; solo circa il 12% le ritiene esurienti.

 

"Quale definizione corrisponde di più al tuo pensiero sul doping?"

(1 = l'uso di sostanze pericolose per la salute; 2 = l'uso di sostanze per migliorare la prestazione sportiva; 3 = l'uso di sostanze che alterano i risultati sportivi; 4 = l'uso di sostanze che provocano dipendenza; 5 = risposta mancante)

La maggioranza degli intervistati (40%) ha posto l'accento sul problema dei danni alla salute derivanti dal ricorso al doping, meno del 20% pone l'attenzione agli aspetti etici (alterazione dei risultati sportivi), mentre oltre il 35% evidenzia che il doping permette di migliorare la prestazione sportiva. La percentuale di chi condanna il doping è più bassa (74% vs 80%) tra quanti hanno scelto quest'ultima definizione.

 

"A tuo giudizio la partecipazione ad una competizione di altissimo livello (es. olimpiadi)  giustifica il ricorso la doping?"

Nella tabella II sono riportate le risposte, suddivise in base la sesso e alla pratica sportiva degli intervistati, alla domanda, che è una delle domande più significative del questionario:

Dalla tabella si evince che il numero degli intervistati che in qualche modo giustifica il ricorso al doping è maggiore tra i praticanti rispetto ai non praticanti e maggiore tra i maschi rispetto alle femmine.

Complessivamente circa l'80% del campione non giustifica il ricorso al doping, tuttavia la percentuale di chi evita di rispondere o decisamente lo giustifica è elevata (circa 20%). Questo dato corrisponde ai risultati di altri studi ed evidenzia il rischio (almeno potenziale) dell'uso di sostanze dopanti tra i giovani. A conferma di questa riflessione circa il 4% degli intervistati ritiene che il doping non vada punito e l'8% non si esprime a favore di un provvedimento punitivo.

La motivazione principale per giustificare il ricorso al doping è che si tratta di una libera scelta degli atleti; segue la motivazione che sono costretti ad allenamenti intensi o che "lo fanno tutti".

Anche se la maggioranza del campione (totale= 64%, femmine= 56%, maschi 71%) sa che esiste una legge sul doping, l'indagine ha evidenziato delle importanti carenze conoscitive. Ad esempio, solo il 40% degli intervistati sa che l'eritropoietina rientra fra le sostanze dopanti, mentre oltre il 60% considera tale la creatina. Non si sono osservate differenze significative nelle conoscenze delle sostanze dopanti in relazione alla pratica sportiva.

 

"Ritieni doping le sostanze elencate nella figura? "

 

Domanda sull'eritropoietina

Commento

Un dato estremamente positivo che emerge dalla nostra indagine è che oltre il 77% degli studenti pratica un'attività sportiva e di questi quasi il 72% da più di 5 anni. Non particolarmente positivi, al contrario, i risultati relativi all'atteggiamento dei giovani nei confronti del doping. Complessivamente, infatti, una percentua­le non piccola (circa il 20%) di studenti ha un atteggiamento accondiscendente quando non decisamente favorevole. Tale atteggiamento è significativamente più accentuato tra i maschi che praticano uno sport. Va anche sottolineato che il 35% degli intervistati nel definire il doping pone l'accento sul fatto che determini un miglioramento delle prestazioni sportive.

L'altro aspetto negativo che emerge dall'indagine è la scarsa conoscenza delle sostanze dopanti da parte degli studenti, scarsa conoscenza di cui essi stessi sono consapevoli. L'informazione in possesso degli studenti appare superficiale ed ottenuta quasi esclusivamente dai grandi mezzi di comunicazione (Tv, giornali), scarso il ruolo informativo sia della scuola che dell'ambiente sportivo. A conferma che l'ambiente sportivo non svolge una significativa attività educativa in questo campo il fatto che non si sono riscontrate differenze conoscitive tra chi pratica sport ri­spetto a chi non lo pratica. I risultati dello studio evidenziano bene la necessità di un'opera di informazione/formazione da svolgere tra i giovani. Una strategia vin­cente potrebbe essere quella di promuovere progetti di ricerca in cui gli studenti siano direttamente coinvolti nella loro conduzione, diventando così essi stessi dei promotori dello "sport pulito e sano" fra i loro coetanei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRINCIPALI SOSTANZE DOPANTI E LORO RISCHI

Steroidi androgeni anabolizzanti

Stimolanti il Sistema Nervoso Centrale

Ormone della crescita umano

Diuretici

Altre sostanze

 

 

Stimolanti il Sistema Nervoso Centrale

A questo gruppo appartengono le amfetamine, la cocaina, l'efedrina, la metilefedrina, i metilfenidato, la pemolina, la stricnina e altre sostanze con struttura chimica o effetto farmacologico similare.

Le più utilizzate sono le amfetamine, impiegate per allontanare la soglia della stanchezza, aumentare l'energia, la velocità e la resistenza e per perdere di peso. Aumentano la temperatura corporea, il battito cardiaco e la pressione sanguigna. Danno euforia, stimolando alcune aree del cervello, aumentano l'aggressività, la concentrazione e l'attenzione. Possono provocare ipertensione, aritmie cardiache, crisi convulsive, vomito, dolore addominale, emorragie cerebrali, psicosi, dipendenza e morte. Mascherando la fatica fisica possono indurre a sforzi eccessivi con conseguenti danni ai tendini, muscoli e articolazioni.

Effetti simili vengono provocati anche dagli altri stimolanti del Sistema Nervoso Centrale (SNC), alcuni dei quali come l'efedrina, la fenilpropanolamina, la pseudoefedrina e la caffeina sono contenuti in specialità medicinali utilizzate contro il raffreddore e liberamente acquistabili in farmacia. L'ultima lista della wada non inserisce più la caffeina tra le sostanze vietate (prima lo era per valori urinari superiori a 12 mcg/ml), questo probabilmente per evitare contenziosi con gli atleti rispetto all'assunzione di caffè o di medicinali contenenti caffeina, che tuttavia quando assunta in eccesso può provocare dispepsia, danni cardiaci, disidratazione e, in combinazione con altri stimolanti del snc, può anche essere fatale.

Un cenno particolare va posto, infine, sull'assunzione della cocaina, nota sostanza d'abuso derivata dalla pianta Erythroxylon coca e potente stimolante del SNC, che agisce inibendo il reuptake della dopamina a livello delle sinapsi. Provoca euforia, fiducia in se stessi, potenza sessuale, non fa sentire la fatica, mantiene svegli e aumenta l'attenzione. Può causare aritmie cardiache, infarto del miocardio, ipertensione o ipotensione, ansia, depressione, attacchi di panico, aggressività, irritabilità, psicosi tossiche, tremori, convulsioni, alterazione dei riflessi, mancata coordinazione motoria, paralisi muscolare, respirazione irregolare, dipendenza e morte.

Diuretici

I diuretici vengono utilizzati in alcuni sport quali wrestling, pugilato, judo, sollevamento pesi ecc., perché consentono di rientrare nella categoria di peso prevista attraverso la loro rapida azione di eliminare liquidi dall'organismo. L'impatto sulla performance è tuttavia complessivamente negativo. Siccome aumentano l'escrezione e la diluizione di sostanze illecite assunte, i diuretici sono anche usati dagli atleti per l'effetto mascherante. Possono provocare disidratazione, ipotensione, crampi muscolari e squilibri elettrolitici che porta­no ad iperglicemia, ipopotassiemia, ipomagnesemia e iperuricemia.

Altre sostanze

Ricordiamo che, oltre alle sostanze sopra descritte più in dettaglio, vengono utilizzate come doping: l'insulina, per la sua capacità di inibire il catabolismo delle cellule muscolari; i beta-agonisti, ad esempio il clenbuterolo per le sue proprietà anabolizzanti (aumento massa magra); gli oppioidi (morfina, buprenorfina, eroina, metadone ecc.) per gli effetti euforizzanti e per non sentire il dolore; i beta-bloccanti e l'alcool in alcuni sport (ad esempio tiro con l'arco, tiro a segno, biliardo) per diminuire il tremore e l'ansia; la gonadotropina corionica umana (hCG) per la sua capacità di stimolare la produzione di testosterone.

L'assunzione di qualsiasi di queste sostanze comporta dei rischi per la salute, in particolare: l'insulina può provocare (nonostante gli atleti che l'utilizzano introducano generalmente liquidi contenenti zucchero) ipoglicemia, crisi convulsive, ritenzione idrica, danni epatici e neurologici; gli oppioidi possono causare stipsi, depressione respiratoria, nausea e vomito, miosi, edema polmonare, debolezza muscolare, ritenzione urinaria, sonnolenza, dipendenza e morte, inoltre non facendo percepire il dolore possono aggravare un trauma esistente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Steroidi androgeni anabolizzanti

Come già evidenziato in precedenza, gli anabolizzanti sono sicuramente la classe di farmaci maggiormente utilizzata nel doping. Includono gli ormoni maschili endogeni (quale il testosterone) e i derivati esogeni (con struttura chimica simile al testosterone, quali nandrolone, danazolo ecc.). Questi farmaci hanno effetti anabolizzanti (aumento della massa muscolare) attraverso regolazione genica e aumento della sintesi proteica del tessuto muscolare. Inibiscono anche la disgregazione proteica. Con i derivati esogeni si è cercato, senza successo, di massimizzare gli effetti anabolizzanti del testosterone minimizzando gli effetti androgenici. Molto utilizzati sono anche diversi precursori del testosterone quali l'androstenediolo, l'androstenedione e soprattutto il deidropiandrosterone (DHEA). L'ultimo arrivato tra gli anabolizzanti è il tetraidrogestrinone (thg) potente steroide androgeno sviluppato dalla Bay Area Laboratory Co-Operative (balco) in modo tale da sfuggire ai controlli antidoping sulle urine. Atleti del baseball negli usa, quali Barry Bonds, Jason Giambi e Gary Sheffield, hanno testimoniato nel corso di un processo contro la balco denunciando l'ampio utilizzo del THG in ambito sportivo.

Sicuramente efficaci nell'aumentare la forza muscolare, specialmente se usati in associazione all'allenamento,

tutti gli anabolizzanti hanno molteplici azioni su diversi distretti dell'organismo umano:

SNC: aumento della libido, del benessere generale e dell'aggressività

Ipotalamo/pituitaria: diminuzione dell'ormone che rilascia le gonadotropine (GnRH), dell'ormone luteinizzante (LH) e dell'ormone follicolo stimolante (FSH); aumento dell'ormone della crescita (GH)

Laringe: abbassamento della voce

Petto: aumento delle dimensioni

Fegato: diminuzione della globulina che lega l'ormone sessuale (SHBG), diminuzione delle lipoproteine ad alta densità (HDL), il cosiddetto "colesterolo buono", la cui diminuzione è un fattore di rischio aterogenico: infarto miocardico, vasculopatie cerebrali e periferiche)

Rene: aumento dell'eritropoietina

Genitali: aumento dello sviluppo, della spermatogenesi e dell'erezione

Prostata: aumento delle dimensioni

Cute: aumento crescita dei peli e della produzione di sebo

Ossa: aumento della densità ossea

Muscolo: aumento della massa magra e della forza

Tessuto adiposo: aumento della lipolisi e diminuzione del grasso addominale

Sangue: aumento dell'ematocrito

Molte di queste azioni sono alla base delle numerose reazioni avverse causate dagli anabolizzanti, che vengono spesso utilizzati dagli atleti in associazione e a dosaggi 10-40 volte superiori a quelli terapeutici.

Tra i diversi effetti avversi ricordiamo:

infarto del miocardio, trombosi, edemi per ritenzione idrica, acne, nausea, vomito, sintomi da astinenza, ginecomastia, ridotta tolleranza al glucosio, danno epatocellulare, aumento dell'incidenza di tumori epatici (in particolare con oxandrolone e stanozololo) e della prostata, turbe della sfera sessuale (atrofia dei testicoli, infertilità, amenorrea, comparsa di caratteri sessuali maschili nelle donne quali atrofia del seno e irsutismo), arresto della crescita nei bambini. Gli effetti psichiatrici comprendono aggressività, mania, debolezza emotiva, depressione e tendenza al suicidio durante l'astinenza. Infine bisogna ricordare, per il possibile effetto persuasivo sugli atleti utilizzatori, che gli anabolizzanti aumentano decisamente il rischio di rottura del tendine.

Per mascherare gli effetti degli anabolizzanti alcuni atleti ricorrono anche ad altri farmaci: ad esempio al tamoxifene e al testolattone per contrastare la ginecomastia, alla tretinoina per l'acne, alle gonadotropine per l'atrofia testicolare, aggiungendo ai rischi degli anabolizzanti quelli degli altri farmaci.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ormone della crescita umano

L'ormone della crescita umano (hGH) viene utilizzato per i suoi effetti anabolizzanti e per la difficoltà a distinguerlo dall'ormone endogeno. Stimola la sintesi proteica e incrementa la massa magra, ha inoltre un'azione lipolitica riducendo la massa grassa. Il suo effetto complessivo è di entità pari a quello degli steroidi anabolizzanti anche se a breve termine può non aumentare la forza. La sua efficacia nell'aumentare la performance sportiva è comunque controversa.

Può causare edemi, artralgie, mialgie, miopatie, dolore all'articolazione mandibolare, gigantismo, acromegalia, ipotiroidismo, patologie cardiache, diabete mellito, impotenza e osteoporosi. L'uso concomitante con gli steroidi anabolizzanti provoca ipertrofia miocardica.

Per evidenziare quanto sia difficile l'attività di contrasto al doping si ricorda come l'Underground Steroid Handbook, pubblicato in California e letto da molti sportivi, conteneva le informazioni sul hGH prima ancora che se ne parlasse nella letteratura scientifica. L'uso del gh è iniziato con quello estrattivo ed ancora oggi esistono traffici al mercato nero di ipofisi umane. L'approvvigionamento di GH umano ricombinante (rhGH) deriva da furti, ricette false, vendita da genitori di bambini affetti da deficit di ormone della crescita.

 

 

 

Eritropoietina

L'eritropoietina (EPO), prodotta nell'organismo umano dal rene, stimola il midollo osseo a produrre globuli rossi (GR). Come è noto i globuli rossi trasportano l'ossigeno ai tessuti e negli sport di resistenza, ad esempio nel ciclismo, nella maratona e nello sci da fondo, le richieste di ossigeno sono molto elevate. In questo senso l'incremento dei globuli rossi può aumentare la performance.

L'EPO ha in parte rimpiazzato la tecnica dell'autotrasfusione (doping ematico) in quanto determina un maggiore aumento di GR. Effetti simili a quelli dell'EPO e del doping ematico si possono ottenere anche con gli allenamenti in altura e con le tende ipo-ossigenate. L'eritropoietina umana ricombinante (rhEPO) o di origine animale provoca la formazione di anticorpi ma non è facile mettere a punto test per l'individuazione degli specifici diversi anticorpi, L'EPO ha una vita breve nell'organismo (24 ore) mentre il suo effetto stimolante può durare fino a due settimane. Sebbene siano stati fatti dei progressi nei test antidoping, l'EPO è un ormone naturale e quindi i test sono difficili. Si utilizzano in genere misure indirette per l'EPO, quali la misura della densità dei GR (ematocrito). Recentemente i test antidoping sugli atleti sono stati perfezionati allo scopo di rilevare la presenza di indicatori di trasfusioni autologhe o l'uso di EPO. Le indagini per individuare l'uso di EPO si sono estese a diversi sport ed ovviamente alle Olimpiadi. Nel 2003 il mezzofondista keniano Bernard Lagat (secondo miglior tempo di sempre nei 1500 metri) è risultato positivo (ricerca di rhEPO nelle urine) per assunzione di EPO prima dei Campionati del Mondo di atletica leggera di Parigi (a cui non ha potuto partecipare), le successive contro-analisi lo hanno però scagionato. Questo caso dimostra la necessità di ricercare test più attendibili.

L'EPO determina un aumento della viscosità del sangue, con problemi di trombosi ed embolie particolarmente di notte, pertanto la sua assunzione, così come quella di soluzioni a base di emoglobina ed emulsioni a base di perfluorocarbonio, non è esente da rischi. Può, infatti, provocare ipertensione arteriosa e aumento del rischio di malattie cardiovascolari quali infarto del miocardio e ictus cerebrale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Integratori alimentari

Un altro aspetto preoccupante legato al fenomeno doping, anche tra i più giovani, è il ricorso estremamente elevato agli integratori, al di là delle reali necessità nutritive (generalmente colmabili con una dieta appropriata all'attività fisica svolta). In commercio esistono diversi alimenti classificati dal Ministero della Salute come adattati ad un intenso sforzo muscolare: prodotti finalizzati all'integrazione energetica (ergogenici), prodotti con minerali destinati a reintegrare le perdite idrosaline, prodotti finalizzati all'integrazione di proteine, prodotti finalizzati all'integrazione di aminoacidi e derivati, altri prodotti con valenza nutrizionale adattati ad un intenso sforzo muscolare, combinazione dei suddetti prodotti. Mentre è indubbia l'importanza di reintegrare, attraverso l'assunzione di liquidi e sali minerali, le perdite idrosaline provocate dallo sforzo fisico, così come importante l'assunzione di carboidrati, molte perplessità sorgono rispetto all'assunzione di prodotti a base di proteine, aminoacidi e derivati. Tra le diverse sostanze contenute negli integratori alimentari utilizzati in ambito sportivo, la creatina merita un cenno particolare per la sua diffusione. Sebbene sintetizzata nel fegato, nel rene e nel pancreas e sia presente in alcuni cibi (carne e pesce) viene assunta sotto forma di integratore per aumentare la forza e migliorare le prestazioni negli sport ad alta intensità. L'azione della creatina è legata alla sua funzione, dopo conversione nell'organismo a fosfocreatina, di donare gruppi fosfato per sintetizzare ATP dall'ADP. Esistono diversi studi sugli effetti della creatina sulla performance sportiva. I risultati non sono tuttavia concordi, per alcuni autori la creatina è efficace per altri non lo è. Ad ogni modo, se è efficace, lo è solamente per scatti o per sforzi corti (dai 2 ai 30 secondi) di esercizi anaerobi e non per attività aerobica.

Ad ogni modo anche l'assunzione di quantità elevate di creatina non è esente da rischi, può infatti provocare ritenzione idrica, aumento di peso e aumentata incidenza di crampi muscolari. Esistono anche alcune segnalazioni aneddotiche relative a problemi renali, dispnea e fibrillazione atriale. D'altra parte è noto che anche dosaggi elevati di vitamine possono provocare dei rischi per la salute, ad esempio: danni renali, cefalea, perdita di calcio dalle ossa da eccesso di vitamina C; insonnia, disturbi gastrointestinali, gengiviti, reazioni cutanee, perdita di capelli da eccesso di vitamina A; emorragie, alterazioni del sistema immunitario e della funzione sessuale da eccesso di vitamina E.

Pur non rientrando nella tabella ministeriale degli integratori adatti allo sport, vengono spesso utilizzati anche prodotti a base di L-carnitina o il bicarbonato di sodio. La carnitina è sintetizzata dal fegato a partire dalla lisina, la sua funzione è quella di trasportare gli acidi grassi all'interno dei mitocondri. Si trova in particolare nel muscolo scheletrico e nel miocardio. L'ipotesi che la sua assunzione abbia degli effetti ergogenici non è supportata da evidenze scientifiche.

Può causare nausea, vomito e crampi addominali.

L'utilizzo del bicarbonato di sodio, da 45 minuti a 1 ora prima di uno sforzo fisico breve ma intenso (es. corsa veloce), si è diffuso tra gli atleti per la convinzione che possa ritardare l'insorgenza dell'affaticamento riducendo l'acidosi muscolare. Per fare questo sarebbero necessari dosaggi estremamente elevati. Gli studi clinici effettuati non dimostrano un chiaro miglioramento dell'attività fisica dopo assunzione di bicarbonato. Può invece provocare diarrea esplosiva, crampi addominali, vomito e meteorismo.

Un problema particolarmente grave legato agli integratori è il fatto che un numero non indifferente di essi contengono sostanze illecite, prime fra tutte gli anabolizzanti e i loro precursori, per non parlare della caffeina e dell'efedra. Una recente indagine commissionata dal CIO ha evidenziato come su 634 prodotti esaminati il 14,8% conteneva sostanze dopanti (il dato per l'Italia è risultato del 14,3%) ed un ulteriore 10% dei prodotti ha dato risultati incerti.

Ricordiamo che l'efedra è una pianta di origine cinese (Ma-huang) contenente sostanze stimolanti quali efedrina e pseudoefedrina. Nel rimandare alla sezione sugli stimolanti del SNC per i suoi effetti, sottolineiamo che nel 2003 l'esame autoptico sul cadavere del giocatore di baseball Steve Bechler dei Baltimore Orioles determinò che l'efedra ebbe un ruolo nella sua morte. Dal 1993 al 1997 oltre 800 sono state le segnalazioni di reazioni avverse da efedra, incluse 36 morti.

In conclusione si può affermare che molte persone spendono molti soldi e dedicano molta attenzione all'assunzione di integratori e supplementi alimentari la cui composizione, efficacia e sicurezza non sono sufficientemente controllati. Questo avviene a discapito di un'alimentazione corretta che è sicuramente efficace nel migliorare la performance, sicuramente innocua e anzi positiva per la salute, sicuramente meno costosa. Gli integratori danno un falso senso di sicurezza e possono incoraggiare abitudini alimentari scorrette (ricordiamo che nessuno studio ha dimostrato che migliorino le prestazioni sportive in presenza di un'alimentazione scorretta). Non esistono integratori che rendono più "robusti, forti o veloci" come per magia e in realtà possono rappresentare un primo passo verso il doping vero e proprio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota

Pubblicazioni del relatore sull'argomento:

(Coop. Libraria Editrice Università di Padova, 2004)

 

(Coop. Libraria Editrice Università di Padova, 2005)