Il nuovo corso della lotta mondiale ai paradisi fiscali, all’evasione ed all’elusione internazionale

 

Gardone Riviera, 8 ottobre 2010

Raffaele Rizzardi

 

I paradisi fiscali sono stati per lungo tempo un rifugio sicuro per consentire ai capitali di sfuggire agli obblighi nei paesi a fiscalità elevata. I paradisi sono tali quando offrono una tassazione nulla o comunque inferiore a quella del paese di origine, abbinata ad una mancanza di collaborazione sotto l’egida del segreto bancario.

La situazione normativa di partenza – convenzioni contro le doppie imposizioni

Occorre al riguardo distinguere nell’ambito dei Paesi con cui vige una convenzione contro le doppie imposizioni, che hanno recepito in maniera non sempre uniforme le disposizioni dell’articolo 26 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni, che si riporta di seguito, iniziando da quello vigente nel 2003:

Article 26

EXCHANGE OF INFORMATION

1. The competent authorities of the Contracting States shall exchange such information

as is necessary for carrying out the provisions of this Convention or of the domestic laws concerning taxes of every kind and description imposed on behalf of the Contracting States, or of their political subdivisions or local authorities, insofar as the taxation thereunder is not contrary to the Convention. The exchange of information is not restricted by Articles 1 and 2. Any information received by a Contracting State shall be treated as secret in the same manner as information obtained under the domestic laws of that State and shall be disclosed only to persons or authorities (including courts and administrative bodies) concerned with the

assessment or collection of, the enforcement or prosecution in respect of, or the

determination of appeals in relation to the taxes referred to in the first sentence. Such persons or authorities shall use the information only for such purposes. They may disclose the information in public court proceedings or in judicial decisions.

 

2. In no case shall the provisions of paragraph 1 be construed so as to impose on a

Contracting State the obligation:

a) to carry out administrative measures at variance with the laws and administrative

practice of that or of the other Contracting State;

b) to supply information which is not obtainable under the laws or in the normal

course of the administration of that or of the other Contracting State;

c) to supply information which would disclose any trade, business, industrial,

commercial or professional secret or trade process, or information, the disclosure

of which would be contrary to public policy (ordre public).

Il “modello” è peraltro tale, e quindi nella fase di accordo contro le doppie imposizioni, viene adattato al punto di incontro delle esigenze di ciascuno dei due Stati contraenti.

Poniamo a raffronto il “modello” con quanto prevedono le convenzioni con la Svizzera e l’Austria, tenendo presente che quest’ultimo Paese si è sempre pubblicamente vantato di avere un segreto bancario ancor più forte del primo.

Convenzione con la Svizzera

Articolo 27

1. Le autorità competenti degli Stati contraenti potranno scambiarsi le informazioni (che le legislazioni fiscali dei due Stati permettono di ottenere nel quadro della prassi amministrativa normale) necessarie per una regolare applicazione della presente Convenzione. Le informazioni così scambiate devono essere tenute segrete e potranno essere rivelate soltanto alle persone che si occupano dell’accertamento, della riscossione, della giurisdizione o delle azioni penali quanto alle imposte alle quali si riferisce la presente Convenzione. Non potranno essere scambiate informazioni suscettibili di rivelare segreti commerciali, bancari, industriali o professionali o metodi commerciali.

2. Le disposizioni del presente articolo non potranno in nessun caso essere interpretate nel senso di imporre ad uno degli Stati contraenti di adottare misure amministrative in deroga alla sua regolamentazione o alla sua prassi amministrativa ovvero contrarie alla sua sovranità, alla sua sicurezza, ai suoi interessi generali o all’ordine pubblico oppure fornire informazioni che non possano essere ottenute in base alla sua propria legislazione o a quella dello Stato che le chiede.

Si nota subito la minor estensione di questo articolo, e in particolare la limitazione dello scambio di informazioni a quanto necessario per l’applicazione della convenzione, senza estenderlo alle informazioni richieste dall’altro Stato per l’accertamento delle imposte nel proprio Paese. Si trattava inoltre di chiarire cosa si intendesse per “misure in deroga alla regolamentazione” del Paese. La posizione di questo Paese si è vista nel commentario del 2005, quando cioè si stava passando al testo del modello ora vigente: in tale occasione venne formulata una riserva, secondo cui la Svizzera insisteva per limitare lo scopo dello scambio di informazioni solo a quelle necessarie per applicare la convenzione (beneficial owner, residenza, ecc.). L’unica deroga sarebbe stata consentita nei casi di frode, costituenti illecito penale punito con restrizione della libertà personale nella legislazione di entrambi gli Stati. Ma in Svizzera l’evasione fiscale non qualificata costituisce solo un illecito amministrativo.


 

 

 Convenzione con l’Austria

Articolo 26 - Scambio di informazioni

1. Le Autorità competenti degli Stati contraenti si scambieranno le informazioni necessarie per applicare le disposizioni della presente Convenzione o quelle delle leggi interne degli Stati contraenti relative alle imposte previste dalla Convenzione, nella misura in cui la tassazione che tali leggi prevedono non è contraria alla Convenzione, nonché per evitare le evasioni fiscali. Lo scambio di informazioni non viene limitato dall’articolo 1. Le informazioni ricevute da uno Stato contraente saranno tenute segrete, analogamente alle informazioni ottenute in base alla legislazione interna di detto Stato e saranno comunicate soltanto alle persone od autorità (ivi compresi l’autorità giudiziaria e gli organi amministrativi) incaricate dell’accertamento o della riscossione delle imposte previste dalla presente Convenzione, delle procedure o dei procedimenti concernenti tali imposte, o delle decisioni di ricorsi presentati per tali imposte. Le persone od autorità sopracitate utilizzeranno tali informazioni soltanto per questi fini. Le predette persone od autorità potranno servirsi di queste informazioni nel corso di udienze pubbliche o nei giudizi.

2. Le disposizioni del paragrafo 1 non possono in nessun caso essere interpretate nel senso di imporre ad uno degli Stati contraenti l’obbligo:

a) di adottare provvedimenti amministrativi in deroga alla propria legislazione e alla propria prassi amministrativa o a quelle dell’altro Stato contraente:

b) di fornire informazioni che non potrebbero essere ottenute in base alla propria legislazione o nel quadro della propria normale prassi amministrativa o di quelle dell’altro Stato contraente;

c) di trasmettere informazioni che potrebbero rivelare un segreto commerciale, industriale, professionale o un processo commerciale oppure informazioni la cui comunicazione sarebbe contraria all’ordine pubblico.

L’Austria sembra ammettere lo scambio di informazioni nell’interesse degli obblighi fiscali nell’altro Stato contrante, ma nel commentario del 2005 esprime una esplicita riserva, limitando la deroga al segreto bancario ai soli casi di frode.

 

I Paesi senza convenzione e la normativa antiriciclaggio

Con i paradisi fiscali “assoluti” non è mai esistita una convenzione, ed in questo caso non esiste nessuno strumento giuridico per invocare la collaborazione dell’altro Stato, dove la protezione dell’evasore è accresciuta dall’anonimato. Come riferimento, il sito internet del Ministero delle finanze individua 87 convenzioni vigenti, mentre gli Stati aderenti all’ONU sono 192.

Peraltro a questo riguardo l’individuazione del beneficial owner  di una posizione finanziaria anonima ha già subito una rilevante evoluzione per quanto attiene alla normativa contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. Questa materia è gestita da un organismo intergovernativo autonomo, organizzativamente collocato nell’OCSE, denominato, in base alla dizione inglese o francese FATF (Financial Action Task Force) o GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria).

Dal relativo sito internet - http://www.fatf-gafi.org – possiamo sapere che il grande lavoro di pressione politica internazionale, in questo caso sviluppato dopo il tragico evento delle Twin Towers ha portato alla situazione, secondo cui – dal 13 ottobre 2006, partendo da un elenco di 23 Stati nel 2000-2001 - non esistono più Paesi black list ai fini della normativa antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo. Il GAFI effettua periodicamente delle verifiche in collaborazione con i vari Paesi, per migliorare la qualità di quanto viene fatto in questo ambito.

 

La crisi e il nuovo orientamento di contrasto ai paradisi fiscali

La crisi economica e finanziaria scoppiata nell’estate del 2008 è stata l’occasione per una profonda rivisitazione dei rapporti tra gli Stati, allo scopo di combattere l’evasione e l’elusione fiscale. Queste condotte indeboliscono i conti pubblici e non consentono di destinare risorse al sostegno delle persone più deboli e alla realizzazione di infrastrutture. Peraltro è a dir poco evidente che non saranno certo le informazioni internazionali a contrastare i 30 miliardi di euro di evasione dell’IVA in Italia, di cui parla il governatore della Banca d’Italia nelle considerazioni di quest’anno (per la CE sono comunque superiori a 20 miliardi), essendo noto che queste somme alimentano un giro interno di “nero”, senza necessità di andare all’estero.

La prima impostazione è di natura politica, ed al riguardo occorre considerare l’influenza “pesante” che da una decina di anni gli Stati Uniti hanno esercitato per assicurare la tassazione delle US persons che hanno collocato capitali, pure US, all’estero. Il primo intervento è stato di imporre alle banche – praticamente di tutto il mondo – di tassare il rendimento dei capitali US detenuti da cittadini statunitensi, nozione verificata in modo formale nei confronti delle banche identificate come QI (Qualified Intermediaries), che devono accettare, ovviamente a loro spese, audit periodici per il controllo del loro corretto adempimento. Prova ne sia che le banche di minore dimensione non accettano più clienti US person, anche a motivo dell’ampiezza di questa nozione (possesso di una green card, se non addirittura di una licenza di pesca).

Il 18 marzo di quest’anno è stata poi approvata una legge “Foreign Account Tax Compliance Act – FATCA”, la cui applicazione sarà completata con il 1° gennaio 2013, e che va ben oltre le già pesanti regole dei Qualified Intermediaries, in quanto si estende a qualunque operatore finanziario e non solo alle banche, e riguarderà anche titoli non US, detenuti anche indirettamente da cittadini US con intestazioni societarie. Se l’istituzione finanziaria non firma questo accordo, subirà una ritenuta del 30% su tutti i titoli americani che dovesse vendere, anche per conto di clienti non US.

Sempre dal punto di vista politico questo intervento degli Stati Uniti ha aperto la strada alle convenzioni tra l’Unione europea e Monaco, Liechtenstein, San Marino e Svizzera, per l’applicazione della ritenuta sui proventi finanziari nei rapporti facenti capo a cittadini europei (cd. “euro ritenuta”). Questa ritenuta si applica anche per i proventi finanziari conseguiti in Austria, Belgio e Lussemburgo, se il titolare non desidera essere segnalato al suo Stato di domicilio fiscale. La concreta applicazione di queste disposizioni non ha però dato esiti adeguati, in quanto non contemplano tutti i tipi di rapporto finanziario, consentendo all’ingegneria finanziaria di eludere la ritenuta con prodotti strutturati o intestazioni strumentali.

Il via libero politico allo scambio di informazioni come strumento di lotta all’evasione e all’elusione è venuto dagli incontri dei G20 di Washington, Londra e Pittsburg, che si sono susseguiti dal 2008. La gestione operativa è stata affidata all’OCSE, che ha istituito un Global Forum of Tax Transparency. Per maggiori informazioni sull’attività dell’OCSE in questo ambito si faccia riferimento al rapporto “Promoting transparency and Exchange of information for tax purposes”, diramato il 16 settembre 2010, che viene riprodotto alla fine di questa relazione. Lo scambio di informazioni fiscali è previsto anche nel modello ONU di convenzione, all’articolo 26.

Le strade per conseguire questo obiettivo sono due:

-         la rinegoziazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni

-         la sottoscrizione di uno specifico accordo per lo scambio di informazioni a scopo fiscale, denominato TIEA (Tax Information Exchange Agreement).

E’ di tutta evidenza che il secondo strumento è più agile e di più rapida attuazione.

Il nuovo testo del modello OCSE

Possiamo mettere a confronto il nuovo testo del modello OCSE con quello precedente:

Article 26

EXCHANGE OF INFORMATION

 

1. The competent authorities of the Contracting States shall exchange such information as is foreseeably relevant for carrying out the provisions of this Convention or to the administration or enforcement of the domestic laws concerning taxes of every kind and description imposed on behalf of the Contracting States, or of their political subdivisions or local authorities, insofar as the taxation thereunder is not contrary to the Convention. The exchange of information is not restricted by Articles 1 and 2.

 

2. Any information received under paragraph 1 by a Contracting State shall be treated as secret in the same manner as information obtained under the domestic laws of that State and shall be disclosed only to persons or authorities (including courts and administrative bodies) concerned with the assessment or collection of, the enforcement or prosecution in respect of, the determination of appeals in relation to the taxes referred to in paragraph 1, or the oversight of the above. Such persons or authorities shall use the information only for such purposes. They may disclose the information in public court proceedings or in judicial decisions.

 

3. In no case shall the provisions of paragraphs 1 and 2 be construed so as to impose on a Contracting State the obligation:

a) to carry out administrative measures at variance with the laws and administrative practice of that or of the other Contracting State;

b) to supply information which is not obtainable under the laws or in the normal course of the administration of that or of the other Contracting State;

c) to supply information which would disclose any trade, business, industrial, commercial or professional secret or trade process, or information the disclosure of which would be contrary to public policy (ordre public).

 

4. If information is requested by a Contracting State in accordance with this Article, the other Contracting State shall use its information gathering measures to obtain the requested information, even though that other State may not need such information for its own tax purposes. The obligation contained in the preceding sentence is subject to the limitations of paragraph 3 but in no case shall such limitations be construed to permit a Contracting State to decline to supply information solely because it has no domestic interest in such information.

 

5. In no case shall the provisions of paragraph 3 be construed to permit a Contracting State to decline to supply information solely because the information is held by a bank, other financial institution, nominee or person acting in an

agency or a fiduciary capacity or because it relates to ownership interests in a person.

Si può notare che lo scambio di informazioni ha per oggetto anche la collaborazione nell’accertamento delle imposte proprie dell’altro Stato, e che il segreto bancario non consente di respingere la richiesta di collaborazione.

TIEA (Tax Information Exchange Agreement)

Per seguire l’evoluzione di questo tipo di accordi – anche come aggiornamento del documento allegato – il sito internet pertinente è:

http://www.oecd.org/document/7/0,3343,en_2649_33767_38312839_1_1_1_37427,00.html.

Inizialmente i “paradisi fiscali” hanno sottoscritto accordi tra di loro, per raggiungere il numero minimo che li avrebbe esclusi dalla relativa black list. Superata questa fase iniziale, l’OCSE sta cercando di qualificare meglio questi accordi, in funzione dell’importanza economica degli Stati contraenti, oltre a verificarne l’effettiva applicazione.

Si allega la lista dei TIEA firmati alla data del 15 settembre 2010, da cui si noterà che l’Italia non ha sottoscritto un solo accordo …

Manca nell’elenco anche la Svizzera (l’Austria ha firmato quattro accordi con altrettanti “paradisi”), in quanto ha messo a punto esplicite riserve di non collaborazione, nel caso in cui la richiesta di informazioni abbia ad oggetto soggetti che sono finiti nelle liste rubate, o comunque ottenute in modo illecito. Senza la riserva si sarebbe diffuso questo comportamento comunque da contrastare, anche ai fini della privacy.

Accordi significativi sono stati firmati dal Liechtenstein con Stati Uniti, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Olanda e Regno Unito e dal Principato di Monaco (Belgio, Danimarca, Germania, Olanda, Svezia, Stati Uniti – ma non con la Francia).

Lo scambio di informazioni deve individuare il singolo contribuente, con l’esplicita dichiarazione che sono proibite le fishing expeditions (“dimmi chi dei miei residenti ha il conto in quella banca o in tutte le banche”) Lo Stato che richiede assistenza deve dimostrare che quell’informazione è fondamentale per l’accertamento, che non sarebbe altrimenti possibile con i mezzi ordinari.

C’è poi l’ovvio problema dell’individuazione  dell’istituzione finanziaria che deve rispondere. Ricordiamo cosa avveniva in Italia prima dell’archivio dei rapporti finanziari: ogni giorno partivano decine di migliaia di PEC a tutte le istituzioni, che avevano anche l’obbligo di dare la risposta negativa. L’archivio centralizzato c’è anche in Francia, ma la maggior parte dei Paesi – e in particolari quelli che diventeranno “ex-paradisi” – non ha nessuna intenzione di farlo.

Lo Stato richiedente deve quindi individuare almeno la ragione sociale della banca o fiduciaria che deve rispondere alla richiesta.

In occasione del congresso IFA a Roma, il delegato svizzero, appartenente all’amministrazione fiscale federale, ha anche precisato che le richieste potranno riguardare solo rapporti e movimentazioni successive alla sottoscrizione degli accordi.

Il futuro della collaborazione: le comunicazioni spontanee e quelle automatiche

Si sta lavorando per l’attuazione dei TIEA. Essendo bilaterali, nell’ipotesi che tutti gli Stati aderenti all’ONU ne sottoscrivessero uno con ciascuno degli altri Stati membri, arriveremmo al numero fantasmagorico di 18.336 accordi …

Lo sviluppo futuro potrà portare a scambi di informazioni:

-         spontaneiquando sia prevedibile la rilevanza della notizia, come nel caso di pagamenti di ricavi o compensi che potrebbero non essere dichiarati, della concessione di agevolazioni fiscali che potrebbero aumentare il carico fiscale nell’altro Stato o di pratiche elusive

-         automaticiper specifiche tipologie di reddito .

 

La lotta all’elusione fiscale

Last but not least gli Stati Uniti, in particolare, si stanno muovendo pesantemente per contrastare l’elusione fiscale, cioè l’utilizzo di schemi artificiosi, responsabilizzando anche i professionisti e le istituzioni finanziarie che li promuovono.

In  ambito OCSE le principali Amministrazioni fiscali promuovo incontri periodici nell’ambito del Forum on Tax Administration (FTA).

 

Nel 2004 gli USA hanno creato con Regno Unito, Australia, Canada e Giappone il JITSIC (Joint International Tax Shelter Information Centre) al fine di “implementare l’azione di identificazione e contenimento delle transazioni illegali”.

Per le notizie su questo organismo, e per le analisi fatte su casi di elusione, si può fare riferimento al sito dell’amministrazione fiscale inglese:

http://www.hmrc.gov.uk/avoidance/aag-jitsic.htm